BerroAnnotazioni/Tomo3/Libro2/Cap15
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- Cap. 15 Morte d'un'altro de' Nostri di non poca consideratione
Come che delle cose publiche, e particolarmente dove il patiente non ha colpa, si possa senza detratione parlarne, e molto più quando vi è motivo buono come è il mio, che altro non è per primo scuopo-che la gloria di S.D.M. con il documento del prossimo in una pura e veridica al possibile narratione in questi miei annotamenti, così penso senza taccia potere qui notare il successo occorso con disgusto grandissimo non solo di noi tutti Religiosi delle Scuole Pie, ed anche tutti li nostri amici, e divoti, e particolarmente di me che lo honoravo come amatissimo Padre in Xpo., per essere stato mio Mastro nel mio novitiato, e per sempre mio Superiore, la cui morte scrivo con le lacrime al cuore, come anche le versai dagli occhi quando successe.
Il P. Francesco della Purificatione nativo di Castiglion Fiorentino della nobilissima famiglia Castelli, si vestì il nostro s. habito in tempo della Congregatione Paulina stando all'hora atualmente in Roma molto stimato, et amato deUTll.mi et Ecc.mi Papalini Borghesi, e Vittorii, nella quale corte era delli principali Signori, et appunto in detto tempo li Sig. suoi parenti in Toscana tratavano di concludere per lui. un matrimonio con una Sig.a con dote di vinticinque millia scudi, ed anche più.
Vestito questo Padre, fatto sacerdote e Maestro de Novitii in tempo di Congregatione Paulina, fu anche dato per terzo Assistente Generale al N.V.P. Fondatore dalla s.m. di Papa Gregorio XV quando eresse le Scuole Pie in Religione. Fu Provinciale di Genoa, di Toscana fu il primo Provinciale, Visitatore del Regno di Napoli, et continuamente Assistente Generale. Fu Religioso di grande mortificatione, di gran cognitione del proprio niente, e sua nichileità; non solo huomo di oratione, ma di contemplatione ancora, et haveva ottenuto da S.D.M. il dono delle lacrime in molta abbondanza. Fu zelosissimo dell'osservanza regulare e della santa povertà regulare amicissimo, et nelle persequtioni e travagli patientissimo, come anche dell'Istituto delle Scuole Pie e sua purità zelantissimo. Per maggiore honorevolezza del quale Istituto procurò sempre di tirare avvanti quelli, che pareva a lui potessero fare qualche cosa di honorevolezza, presuponendo che tutti caminassero con quella schiettezza di cuore e santa humiltà che in esso regnava verso Iddio et il prossimo.
Però per primo havendo vestiti alcuni per fratelli Operarii laici che dimostravano qualche attitudine allo scrivere et aritmetica a fine che nella scuola stessero con maggiore decoro (diceva esso) deponendo il cappello da essi usato per prima sempre in ogni fontione, nell'atto della scuola li concesse l'uso della berretta clericale, et perchè alcune volte li medesimi trovandosi con quella nell'atto di andare a pranzo, dopo il quale quasi subito si ritornava alla scuola, ricercando licenza di andare in camera a pigliare capello, pareva al medesimo P. Francesco perdimento di tempo l'andare alla camera per pigliare il capello per sì poco tempo però li concedesse tenire la berretta a tavola. Con questi et altri simili accidenti pian piano introdussero li detti fratelli Operarli l'uso continuo della berretta clericale, sì in casa, come fuori. Dalla quale anche cavandone veleno sotto pretesto, di poterla portare juridicamente hebbero licenza di pigliare la prima tonsura, e con questa vistisi ascritti nel clericato non si quietarono qui.
Ma havendo due di loro, cioè il fr.Uo Francesco di S. Gioseppe romano, et il fr.Uo Ambrosio della Concettione anco romano fatto notabile profitto nella matematica il P. Francesco della Purificatione, prima Castelli li prese in tal modo a protegere che nel 1636 li essaltò al sacerdotio con inquietudine grande di tutta la nostra povera Religione.
Hor da questo mal'essempio si mossero tutti li fr.lli Operarli laici a procurare il medesimo con diversi mezzi etiam illeciti.
Hor fra questi fu ordinato dopo alcuni anni un certo napolitano detto Gio. Leonardo di S. Anna vestito per fr.Uo operano laico, et era tanto ignorante che etiam dopo alcuni anni di sacerdotio non sapeva dire Per dominum nostrum Jesum Xpm., ma proferiva Per Do-minus noster Jesu Christo etc. Da qui consideri l'altre cose, e sua scienza. Per la quale ignoranza fu sospeso da Mons. Vicegerente in tempo di Papa Innocenzo X.
Hor questo fu poi habilitato, con che diceva la Messa privatamente et dopo il P. Francesco detto lo condusse nella casa nostra di Borgo S. Spirito, con occasione che doveva uscire di Roma il Leonardo per un eccesso fatto in menar le mani ad un sacerdote in S. Pantaleo, et havere anche superbamente et irriverentemente risposto al P. Generale, che lo riprese di non so che.
Stando donque in dette Scuole Pie di Borgo il detto Leonardo in compagnia del detto P. Francesco della Purificatione Assistente Generale, se la prese con un altro sacerdote detto P. Michele della Purificatione luchese, che era pure stato vestito e professato per fr.llo Operario laico, e mentre il detto P. Michele stava in refettorio parlandò con il detto P. Francesco Assistente Generale, il detto P. Gio. Leonardo infuriato alzando la voce, disse: Che dici male di me al Superiore tu?, e preso dalla tavola un coltello ordinario fece atto di dare al P. Michele e ne restò alquanto ferito. E perchè il P. Francesco Assistente disse: Fermatevi, P. Gio. Leonardo che non vi è niente, andate via, - questo tirò un colpo e colse nelle tempie con il coltello il detto P. Francesco Ass. Gen., della quale ferita il settimo giorno il P. Francesco detto andò al cielo con segni di grandissima perfettio-ne, essendo nel principio di maggio del 1651. E disse a me: P. Vincenzo, per la Dio gratta, ne pure in primo moto mi sono alterato contro il detto P. Gio. Leonardo; Iddio lo perdoni, che io per me li ho perdonato, né mai li ho voluto male alcuno.
Il detto P. Gio. Leonardo fu condannato per sette anni alla galera, et il Papa li fece aggiongere, et ultra ad beneplacitum Summi Pontificis.
Ma considera che da un laico fu uciso per causa d'un altro laico, chi tanto protegeva li laici.