BerroAnnotazioni/Tomo1/Libro1/Cap15
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- Cap. 15 Di una grave cascata -ehe-fece il nostro Don Gioseppe Calasanz
Havendo l'inimico del genere humano, che con insidie e stra-tageme procura sempre di distogliere noi tutti dal bene operare, perché non venga con le nostre attioni glorificato Iddio, per l'intenso odio che porta a S.D.M., visto che per mezzo delle Scuole Pie si faceva danno grandissimo al suo tartareo regno, come che levandosi la gioventù dalPotio, et instruendola nella pietà Christiana, et insiememente in qualche virtù, per la quale si potesse christiana-mente . . . tutto il rimanente della vita; et havendo anche esperimentato la fortezza e costanza grande del nostro Calasanz; et che le difficultà nate per sua seggestione, eran state tutte da lui superate; et che anche con incertezze (?) et ecclesiastiche dignità non lo haveva potuto vincere, pensò di ucciderlo, giaché non poteva per altra strada né vincerlo, né destornarlo dal suo buon pensiero. E così volendo Iddio, per fare maggiormente conoscere, e la virtù di questo suo gran servo, et che l'opera delle Scuole Pie era sua, e non di huomo, fece che mentre il nostro D. Gioseppe stava comodando un campanello, per li segni delle scuole, e delle loro divotioni, sopra una loggia, a tetto scoperto, fusse visibilmente preso da un Umbra (come affermaron li vicini) e gettato a piumbo nel cortile delle scuole, l'altezza del quale era tale, che per l'aria doveva crepare; dette in terra tale stramazzo, che al romore e voci di chi lo vidde corsero tutti di casa, e li vicini ancora.
Trovarono per la Iddio gratia, il nostro Lottatore, e Vittorioso del demonio, per la patienza, ma con una gamba e coscia franta in tale modo, che portato a letto, e venuto li medici, giudicarono impossibile potersi acconciare in un huomo già di età. Stava nel mezzo di sì acerbi dolori ringratiando Iddio dell'occasione datali di patire tanto per suo amore, come rimettendosi in tutte le cose sue alla divina volontà, come quello che sapeva benissimo, che a lui non mancavano mezzi per tirar avvanti l'opera incominciata[Notas 1].
Si credeva l'infernale bestia di essere restato padrone del campo, e di havere havuto la vittoria, ma S.D.M. che delli apparenti mali cava sempre bene, sì per sua maggior gloria, come anche per la salute delle anime nostre, fece che saputosi per Roma la cascata del nostro D. Gioseppe Fondatore delle Scuole Pie, molti l'andarono a visitare, condolendosi seco della disgrada occorsali, a quali tutti era di singulare edificatione la patienza, e conformità, che mostrava nelle parole, e nel patire, purché si effettuasse il divin volere, con una ferma speranza, che il tutto dovesse succeder per il meglio, come in effetto fu in breve, perché andando in longo l'infermità, e tenendosi per certo che non potesse sussister l'opera delle Scuole Pie, senza la presenza del nostro D. Gioseppe, Iddio li mandò una sera il Sig. D. Gasparo Dragonetti siciliano della città di Lentini, che in Roma pubicamente insegnava belle lettere con molto applauso, e te-niva la maggior dozzena di giovani convitori, che fosse in questa città, essendovi persone di molta consideratione, de quali ne sono stati anche Cardinali. Con quest'huomo dunque parlando il nostro D. Gioseppe, disse: Sig. D. Gasparo, quanto servitio fareste a Dio se intraprendeste quest'opera delle Scuole Pie, perché in effetto conosco di non poter io essere più habile per tirarla avvanti, e va a manifesto pericolo di distruggersi per non vi esser chi la mantenga. Soggiongendo altre molte parole piene di zelo della gloria del Signore e della salute delli poveri figliuoli.
Rispose il Sig. Gasparo (havendo operato Iddio nel suo cuore con la voce del nostro D. Gioseppe): E' cosa di molta consideratione, e da farvi più volte riflessione, ma domani ne parleremo con più quiete. Si partì. Ma perché lo spirito di Dio non è pigro nell'ope-rare, l'istessa sera diede licenza alli giovani, che molti erano, e la mattina seguente fece portare le sue robbe alle Scuole Pie, et esso stesso vi fu poi per arrivare di persona, con tutto il suo havere, ad un'opera di tanta carità, e questo successe nel mese di settembre 1604[Notas 2], e lo fece con una diligenza sì grande, che poco si conosceva il mancamento per l'infermità del nostro D. Gioseppe, il quale da un sì gran favore conobbe maggiormente quanto a Dio fosse grata l'impresa delle Scuole Pie a che si era posto, e ne sentì singu-Iarissima consolatione, sperando similmente di dover ben presto ottenere la sanità per poter meglio impiegarsi con sì buono compagno in servire a Dio in un'opera di tanta utilità del prossimo.
Cominciò a scendere di letto dopo alcuni mesi, et se bene andava con la stampella non cessava già d'impiegarsi nell'agguato delle scuole. Uscì anche di casa doppo molti giorni con l'appoggio per meglio negotiare in aggiuto di sì santa opera. Guarì finalmente, ma S.D.M. per occasione di maggior suo merito di tempo in tempo li ha mandato alcuni dolori in tutte due le gambe con risipola che spesso pativa.
Ambidue uniti nel Signore si affaticavano con gran animo, conoscendo in effetto il nostro Don Gioseppe che Iddio l'haveva preservato per aggiutare li poveri figliuoli, de' quali in breve tempo se ne fecero moltissimi Religiosi, e riuscirono ottimi, et eccellenti predicatori, et altri molti buoni officiali della Corte, et anche Prelati insigni di S. Chiesa, i quali senza l'aggiuto delle Scuole Pie have-rebbono dato in mancamenti contro la Legge di Dio.
Notas
- ↑ A margine si legge: « Successe la detta cascata di D. Gioseppe del 1603 per il che esso nominò Prefetto delle Scuole Pie il Sig. D. Andrea Basso dell'Aquila che aggiutava come Operarlo ». 1604 (14), e lo fece con una diligenza sì grande, che poco si conosceva il mancamento per l'infermità del nostro D. Gioseppe, il quale da un sì gran favore conobbe maggiormente quanto a Dio fosse grata l'impresa delle Scuole Pie a che si era posto, e ne sentì singu-Iarissima consolatione, sperando similmente di dover ben presto ottenere la sanità per poter meglio impiegarsi con sì buono compagno in servire a Dio in un'opera di tanta utilità del prossimo
- ↑ A margine: « Questo fu in casa di Mons. Ottaviano Vestri de Comitibus Cunei detto di sopra et il fratello di una Signora che vidde l'Umbra l'ha detto a me et il medesimo Ven. P. mi disse che fu accomodando il campanello per li segni. Del 1604 in questa casa si cominciò la vita comune fra li Operarii il numero dei quali era dieciotto, dodeci de quali erano mercenari et li altri assegnavano qualche cosa per le spese loro siche servivano per amor di Dio in compagnia del nostro D. Gioseppe Calasanz