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:'''Cap. 8 Risentimento fatto dal P. Visitatore Giesuita
 
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Cap. 8 Risentimento fatto dal P. Visitatore Giesuita

Per essere del tutto veridico in questo capitolo non voglio porre cosa alcuna del mio, ma copiare ad litteram la longa lettera, che il medesimo P. Silvestro Pietrasanta Visitatore mandò in circolo, et io tengo l'originale di quella di Napoli, eh'è la seguente.

Lettera Pax Xpi.

M. RR.di in Xpo P.P.

Se bene ai sensi particolari, che alcuni si sono formati sinistramente della mia persona, potrei oporre per mia bastevole giustifica-tione l'autorità di una sacra Congregatione di cinque Em.mi Sig. Cardinali, e due Ill.mi Prelati, a cui è manifesto quanto io habbia operato a beneficio sì della Religione istessa delle Scuole Pie, della quale la S.tà di N.S. con un suo Breve Apostolico mi ha dato qualche cura dei presenti bisogni di essa, sì anco della persona del P. G.rale che insieme è fondatore della medesima religione. Havendo io con reiterate istanze supplicato in iscritto e in voce alla detta S. Con-greg.e per la conservatione e aggiustamento della Religione e per la redintegrazione del P. Gen.e nella sua carica, tolta via ogni sospensione venutagli dai superiori Tribunali.

E sebbene quando questa autorità della S. Congr.e non mi potesse in ciò suffragare, mi potria bastare per quietare in me l'animo il testimonio della mia propria coscienza, la quale si stima equivalente a ben cento e mille testimonii. Contuttociò, vengo necessitato e dai lamenti dei presenti e da alcune lettere degli assenti a dar qualche ragione di me e a sincerar non dico solo l'intentione, ma l'esecutione ancora delle mie attieni.

Dacché intrapresi la visita, con un discorso che io feci nella casa di S. Pantaleo dichiarai che lo scopo mio era adempire le due parti commesse da Dio al profeta, cioè, la prima, ut evellas et de-struas, e la seconda, ut aedifìces, et plantes, e di voler insistere con premura principale in questa seconda, che consiste in edificatione, e perfetione.

A tal fine cominciai a sentire personalmente tutti quelli che volevano essere intesi, e promisi molti interrogatorii concernenti allo stato della Religione, per averne piena contezza; e ho negli atti di essa visita registrate tutte le depositioni ratificate col giuramento dei deponenti. E perchè da giuste cagioni venivo impedito di non poter uscire da Roma e andare alla visita personale delle case e Provincie di fuori, scrissi una lettera circolare, comune a tutti i conventi, e pregai ognuno a voler con lettere almeno farmi arrivare quei sentimenti che mi avriano voluto esporre in voce, se mi fosse stato lecito il potermi con essi abboccare. Anzi per invitarli a fare con ogni sicurezza, nominai in tutti i luoghi qualche persona della Compagnia di Giesù, alla quale consegnasse le lettere chi voleva esser sicuro, che mi dovessero esser recapitate in proprie mani, come da molti in realtà le ho ricevute, e ne ho fatto quel capitale che io dovevo.

Oltre a questo, ho usato ancora una nova diligenza, di far visitare varie case della Religione, delle quali pareva vi fosse qualche urgenza particolare, ad effetto solamente di riferire a me lo stato loro; e così ho appresso di me gli atti delle visite della casa Professa di Genoa, e del Novitiato, della casa di Savona, di quella delle Carca-re, del Convento di Cagliari in Sardegna, della casa di Pisa e del convento di Chieti e al presente nell'istessa forma fo visitare la casa di Campie e quella di Bisignano.

Con tal cognitione, e con quella che ho havuto per via di lettere dai Superiori Locali ed altri, mi è parso di potermi stimare sufficientemente istrutto per fare alli S.ri Cardinali la relatione dello stato in cui si ritrova la Religione, la quale feci in voce e lasciai anco in iscritto all'Emin.e loro. Il che aggiongo perchè si sappia da ogniuno che resta e si può produrre quel tanto che io ho asserito, né temo me se ne possa dar debito dalla Religione, perchè ho procurato (salva sempre l'onorevolezza di lei) di sodisfare all'obligo di fedeltà, c'havevo, d'essere verace avanti un così santo e supremo Tribunale.

In quello poi che si appartiene al governo della Religione, distinguerò due tempi, per far apparire in qual modo io abbia operato ed in ambedue crederò di dover essere se non lodato, scusato almeno da chi sarà nel giudicare disappassionato.

Il primo tempo abbraccia le determinationi fatte insieme con li 4 nuovi Assistenti, e queste tanto in numero quanto in qualità sono le maggiori, essendovi le mutaizoni d'uffici principali, come di Procuratore Gen., Provinciale e Ministri locali ed altre dispositioni di soggetti. Si vedino gli atti, e si ritroverà, che tutte queste nomi-nationi sono fatte a voti secreti, nemine discrepante, o almeno non ve ne sarà più che una, in cui sia discrepanza solo di un voto. Se in alcune di queste deliberationi non sia tutta quella rettitudine, che vi si poteva desiderare, a me se ne dovrà dare manco biasmo, che agli altri, perchè io meno conoscevo li soggetti di quello che si pre-supone gli conoscessero li quattro PP. Assistenti. E non conoscendo io i medesimi soggetti, non potevo dar sospetto di me, che mi movessi da affetto, o di amore o di odio. Ma tale sospetto solo poteva cadere nelle persone di detti PP. Assistenti, i voti dei quali prevalevano contro l'unico voto mio.

L'altro tempo abbraccia le resolutioni prese da che le renuntie interposte da tre dei detti PP. Assistenti furono ammesse, et a me venne ordine di governare con l'assistenza di uno, il quale fu per alcuni pochi mesi il P. Mario, e che ora è il P. Stefano, fatto superiore della Religione in questo si può dire interregno dalli S.ri Cardi della Congr.e.

Sì poche deliberationi e mutationi si son fatte in q.to 2° tempo, che non vi è quasi materia di farne discolpe. Solo in Genoa si era nominato nuovo Provinciale; ma tanto esso Prov.le, quanto il Ministro ivi della Casa professa per cagioni di scambievoli dispareri hanno fatta volontaria rinuntia delle loro cariche, e qui si sono accettate le medesime rinuntie.

Nel rimanente io desidererei di essere avvisato in che cosa sia deteriorata la Religione dal principio della visita fino al presente giorno che io scrivo questa mia lettera, e che danno gli sia avvenuto, del quale io ne possa e deva con fondamento essere imputato.

Intenderò volentieri le particolarità, che fondano alcune generalità di querele solo in aria, senza vera sussistenza, e fanno troppo facilmente impugnare le penne per scrivere qua dogliose lamentazioni.

Ne sono venute a me, ma senza sottoscrittioni, et altre ne sono-venute sottoscritte non a me, ma sibbene al P. Generale della Compagnia di Giesù, mio Superiore si bene, ma nelle private mie attieni, e non già in queste di una Visita Apostolica, che non deve dar conto di sé ad altri che alla S. Congr.e di S.ri Cardinali deputati sopra le Scuole Pie, et alla S.tà di N. S.re che con un suo Breve mi ha dato la facoltà. Che però S. Paternità, come che è prudentissimo e che sempre ha professato somma riverenza ai Superiori Tribunali del Vicario di Christo, studiandosi a tutto suo potere di esser in questa parte di essempio a tutte le altre Religioni, non ha voluto mai in queste cose interporre l'autorità sua, che per altro può egli sopra di me essercitare pienissimamente, sapendo che io riverisco i soli suoi cenni al pari dei più rigorosi precetti che egli mi possa fare.

Per tanto era meglio per non operare in vano, indrizzare altrove simili doglienze, o querele, e scriverne o alla S.tà S. oppure alla S. Congreg.e.

Qui sariano subito apparsi per sé stessi i loro supposti falsi:

1) come ch'io tiri alla distruttione della Religione

2) che io impedisca la redintegratione del P. G.le

3) che io procuri si faccia con un Breve Vicario G.le il P. Stefano degli Angeli

che questi tre sono i punti principali delle doglienze o querele accennate.

Quanto al 1° sanno le EE. loro, se io riavendo fatta la mia re-latione supplicai totalmente in contrario, acciò si degnassero avere in consideratione che non pare sia costume della Chiesa trattar di distruggere altro che quelle Religioni, le quali sieno totalmente depravate nel capo e nelle membra, soggiungendo che tale in verità non era la Religione delle Scole Pie nella quale il Capo, che è il P. Generale è un ottimo religioso di santissima intentione e di loda-tissimi costumi, e vi era numero grande di religiosi esemplari, che potevano cooperare all'aggiustamento di essa.

E già che siamo in questo proposito, non devo lasciar di dire che assai grande ingiuria alla Compagnia hanno fatto quelli che hanno sparso che ella col mezzo mio haveria procurato per politica di distruggere la Religione delle Schole pie, poiché professa d'insegnar gratis la gioventù ed è simile di vocatione, e d'Istituto.

La Compagnia di Giesù fa professione di carità e di prudenza, non già di politica, e per motivo di carità inclina alla conservatione, e non già alla distruttione delle Religioni, conforme a quell'assioma quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris.

Per motivo anche di prudenza inclina pure all'istessa conservatione della Religione delle Schole Pie, per autenticare quello che indebitamente assume, chi è tinto e macchiato di politica, vitio ab-bominevole e contrario totalmente alla Religione, e vera prudenza. La somiglianza poi dell'Istituto, e vocatione che si ritrova fra noi deve cagionare piuttosto unione et amore, né può ragionevolmente ostare all'esercitio che ad entrambi le Religioni par comune.

Sa il P. G.le ed uno dei PP. Assistenti vecchi quello che io risposi quando essi mi richiesero, che io con decreto della visita dichiarassi qualmente la Religione delle Schole Pie o non dovesse accettare conventi nelle città, nelle quali fossero Collegii della Compagnia nostra, o se li professasse almeno religione subalterna, e si terminasse nell'insegnare la gioventù dove sogliono cominciare i Collegii nostri.

Io dissi che tal decreto o dichiaratione non si deve aspettare, né da me né da alcun altro che sia della Compagnia nostra, et ag-gionsi esser questo il senso della medesima Compagnia e de' Superiori suoi, che i PP. delle Schole Pie insegnino pure con la benedi-tione del Signore tutto quello, che insegnamo noi, e lo faccino meglio di noi, che mai ce ne terremo aggravati; purché non si rompa la carità deve sempre piacere si promuova la gloria di Dio et il servitio de' prossimi. E questa medesima protesta ho con ogni sincerità fatto ancora alli S.ri Cardinali della Congr.e, come le EE. loro ne possono essere testimoni.

Quanto al 2° punto che io non voglia la redintegratione del P. G.le, io non vedo come questo si possa con verità asserire da persone che sieno mediocremente informate delle mie attioni; poiché una della prime cose nelle quali io mostrai gran premura sin dal principio della visita fu questa, e ne feci formare un memoriale, quale volsi fosse sottoscritto da tutti quattro i PP. Assistenti novi, e lo presentai a Mons. Ill.mo Assessore, perchè lo proponesse alla S. Congr.e del S.to Uffitio. Poi ne ho supplicato con ogni maggiore istanza li S.ri Card.li deputati sopra li negotii della Religione, con affermare esser questo desiderio commune, non solo della Religione istessa, ma di persone ancora molto principali, e di gran titolo, le quali di ciò mi avevano più volte richiesto.

Quanto al 3° punto, che io procuri si facci con un Breve Vico G.le il P. Stefano degli Angioli, esser questo una mera falsità, lo possono dire i Sig. Cardi deputati, che soli lo possono sapere, perchè con essi io ciò avrei dovuto trattare. Sino al giorno presente non si è mai pensato a tal cosa da quei che lo potevano risolvere o deliberare, che sono le EE. loro e la Santità di N. Sre.

Né è stato da me mai proposto, havendo piuttosto io fatto istanza, che si permetta al P. Generale, che stante la sua molta età se lo elegga lui, conforme alla disposizione che ha posto egli medesimo nelle sue Costituzioni, come ne supplicai li S.ri Cardi la prima volta che si congregarono. Né tampoco è stato mai preteso, ambito e procurato dal P. Stefano degli Angeli, del quale piuttosto posso io produrre una scrittura contraria; perchè ho di man sua un viglietto in cui mi richiede istantemente ch'io chieda alli S.ri Cardi queste due cose, cioè, la restituzione del P. Generale con autorità e voce decisiva e che si faccia una deputazione di otto o dieci dei primi della Religione, li quali consultino fra di loro e risolvino l'aggiustamento degli affari presenti di essa Religione. Anzi per maggior confusione di quei che temerariamente hanno supposto e sparso il contrario, io posso con ogni verità affermare che tal viglietto mi è stato dato avanti la formatione del Memoriale dato contro la persona di lui alla S. Congr.e

Di questo Memoriale, che a me è stato rimesso acciò informi la S. Congr.e ed altri formati in altre case e provincie io trovo che è cosa procurata con indebite maniere; perchè chi dice aver sottoscritto senza sapere il contenuto di esso, anzi con supposto, che fosse a favore del P. Stefano, chi dice averlo fatto per rispetto riverenziale, vedendo al primo luogo la sottoscritione del P. Generale, chi dice esservi stato posto il suo nome da altri senza farglene sapere cosa veruna e di questi io ne ho le attestationi di propia mano, quali produrrò alli S.ri Cardinali.

E certo hanno fatto un gran torto al P. Generale, quelli che importunamente l'hanno indotto alla formatione d'un tal Memoriale, avendo la persona di lui sola tale autorità e tal credito, che bastevolmente in nome di lui si poteva formare il medesimo memoriale, senza mendicare la sottoscrizione anche dei cochi e degli officiali più bassi della Religione, con lasciare tanti altri di mezzo, c'hanno ricusato di sottoscriverlo.

Il memoriale poi con altri mandati di fuori non deve essere ammesso per più capi. Prima per esser stato procurato da persone appassionate, e mosse da mera loro ambizione, delle quali si hanno le lettere scritte fuori alle Provincie, con l'aggiunta di una del P. Gen.e per dar calore al negozio.

Secondariamente, perchè suppone il falso, cioè che si tratti di fare esso P. Stefano degli Angioli Vico Gen.e.

Terzo perchè contiene una notabile contumacia, qualificando detto P. Stefano solo per Proc. Gen.e} e non lo riconoscendo e nominando Superiore al presente d' tutta la Religione, con tutto che ve ne sia decreto della S. C. da me pubblicato in S. Pantaleo in voce e poi con lettera a tutta la Religione.

Quarto, perchè asserisce, detto P. Stefano esser persona indegna, senza verum rispetto alli Sri. Card.li che l'hanno stimato e lo stimano persona degna.

Quinto perchè è sottoscritto da persone che falsamente si qualificano per tali, quali non sono nella Religione, che però io ho avuto ordine di castigare come falsarli; oltre li vitii da me accennati delle surrettitie e storte o finte sottoscritioni di esso memoriale e suppliche.

Ma perchè voglio finire, ritorno alle doglienze, fatte della persona mia, e dico che se oltre li tre punti già detti, si allega che io abbia usato qualche rigore di precetti una, o due volte, perchè non è costume mio d'usarli, tal querela se arriverà ai Sigg. Cardi, ai quali deve inviarsi, perchè come ho detto, ad essi soli devo dar conto di me, non mi condannerà appresso le EE. loro; ma si bene mi giustificherà, perchè sinora non ho avuto da loro altra nota se non di haver inutilmente usata troppo dolcezza e di non aver eseguiti subito gli ordini avuti di procedere contro alcuni, non solo con precetti verbali, ma con castighi reali, privationi e carcerationi, delle quali cose, come totalmente aliene dal costume della mia Religione, nella quali io sono allevato, io sempre mi son voluto astenere, e ho proceduto in spiritu lenitatis.

Ma queste ed altre cose furono da me previste sino dal principio, che però mal volentieri accettai il carico della presente visita,, e fatta ch'io hebbi la relatione affi Sri. CardJi, supplicai il Sig. Card. Barberino acciò m'impetrasse da N. Sre di far fine e ritornare alle mie private occupazioni e di più ne ho anco supplicato li Sri. Cardi della S. Congreg.e, né cessarò di reiterare in ciò le mie istanze, mentre vedo d'esser venuto in diffidenze da me non meritate.

Et ho voluto tutto questo metterlo in carta perchè ad ognuno sia palese la verità, sicuro di non poterne havere rimprovero, perchè a me son consapevole di haver detto quello ch'è, in realtà, per confutare quello, che si è finto in altri la loro mera imaginatione.

Nel remanente io non so, e quando bene lo sapessi, io non devo dire ciò che sia per risolvere la S. Congr.e, di cui sono per essere fedele essecutore in tutto quello che ordinerà, e stimerò sempre sia il meglio, benché sia diverso dai sensi miei privati, che ho sin qui esposti, e che volentieri sottometto ai santissimi decreti della Sta.. di N. Sre. e di essa S. Congreg.e, che è quanto mi è parso scrivere, et non essendo questa per altro, affi santi sacrifitii e orationi di tutti mi raccomando. Roma, li 7 febbraro 1644.

Delle RR. VV.

Umilissimo servo nel Sre. Silvestro Pietra Santa, Vis. Ap.

Questa lettera o Manifesto del P. Pietra Santa gionse in Napoli alli 18 febr. 1644.

Lettore ricordati solo delli tre punti segnati con * che non furono sospetti, ma profettie, come a basso con lacrime al cuore, et agli occhi leggerai. Et anche quello * si lamenta di noi, e poi vole sia Superiore universale e non Vie. Generale, come che il 2° non sia meno del primo titolo.

Notas